La fine del 1800 vide la nascita della psicoanalisi e insieme ad essa si fecero strada sperimentazioni in particolare in ambito artistico connesse all’inconscio.
I colori furono il primo e più immediato mezzo che venne influenzato da questa rivoluzione e ben presto si staccarono dalla rigida riproduzione del reale per andare a mostrare il sentire dell’artista.
Gli espressionisti francesi proprio per i loro colori stesi puri ed estremamente accesi alla loro prima esposizioni si meritarono l’appellativo di Fauves, ossia belve, da parte di un critico rimasto sconcertato davanti a quella nuova espressione artistica totalmente lontana dai canoni tradizionali.
Le sperimentazioni procedettero e con la svolta astratta iniziata da Kandinsky i colori presero ancora maggiore importanza nell’opera dal momento che non compariva più nemmeno il mezzo figurativo e mantenere un legame con la realtà.
Le teorie sui colori e sulla loro percezione si svilupparono in maniera incredibile e sostanzialmente ogni artista ne sviluppò una propria.
C’è da sottolineare che lo stesso Kandinsky arrivò all’astrattismo dopo un’esperienza espressionista fondamentale in cui già utilizzò colori dal forte impatto antinaturalistico e ampie campiture piatte a negare la profondità spaziale.
Linea e colore acquisiscono autonomia espressiva, ad ogni colore l’artista attribuì specifiche proprietà emozionali e ad ogni accostamento un determinato effetto sull’osservatore. Non si tratta di una teoria scientifica, ma verificata e nata dalla indagine diretta e personale del pittore.
Anche nell’ambito della Bauhaus non mancarono le sperimentazioni sul colore puro e artisti come Johannes Itten e Josef Albers fecero delle loro teorie sul colore e sulla percezione argomento centrale dei loro corsi. Nell’indirizzo di semplificazione intrapreso dalla scuola i colori primari acquisirono la massima importanza e sulle loro dinamiche di interazione si concentrarono gli sforzi di molti artisti.
Yves Klein nel secondo dopoguerra nell’ambito del Nouveau Réalisme portò avanti una vera e propria ossessione per i colori a cui attribuì significati mistici che andavano ben oltre la semplice realtà materica di pigmenti e leganti. Il suo percorso artistico in realtà si sviluppò in modo molto autonomo da quello del gruppo francese e lo portò a brevettare un colore blu particolarmente intenso, l’International Blue Klein, con cui creò i celebri monocromi e le antropometrie.
Il secondo dopoguerra, la nascita della grafica pubblicitaria, la diffusione della fotografia a colori e quindi del cinema a colori portarono ad ulteriori sperimentazioni e la psicologia legata alle cromie ricevette un ulteriore impulso.
Oggi tutte queste sperimentazioni e l’immenso sforzo teorico di inizio XX secolo sono state assorbite in modo più o meno consapevole dagli artisti contemporanei. Scopo dei prossimi articoli sarà testimoniare le forme più contemporanee di saturazione cromatica andandone ad indagare le ragioni che precedono la creazione artistica.